COVID-19 – pubblicato il Decreto “Sostegni bis”. Disposizioni in materia di lavoro

In data 26 maggio 2021 è entrato in vigore il Decreto Legge 25 maggio 2021, n. 73 riguardante misure urgenti connesse all’emergenza da COVID-19, per le imprese, il lavoro, i giovani, la salute e i servizi territoriali.
Ecco le principali novità in materia di lavoro e relazioni industriali.
 
Contratto di espansione (art. 39)
Il contratto di espansione[1] viene esteso a tutte le aziende con   un organico non inferiore a 100 unità lavorative.
 
Ulteriori disposizioni in materia di trattamenti di integrazione salariale e di esonero dal contributo addizionale (art. 40)
In alternativa all’accesso degli ammortizzatori sociali ordinari, i datori di lavoro aventi diritto alla CIGO possono presentare domanda di cassa integrazione guadagni straordinaria in deroga alle disposizioni di cui agli articoli 4 e 21 del decreto legislativo 14 settembre 2015, n. 148 per una durata massima di 26 settimane nel periodo tra la data di entrata in vigore del presente decreto (26 maggio 2021) e il 31 dicembre 2021 purchè:
  • nel primo semestre dell'anno 2021 hanno subito un calo del fatturato del 50% rispetto al primo semestre dell'anno 2019;
  • abbiamo previamente stipulato un accordo collettivo aziendale di riduzione dell'attività lavorativa dei lavoratori[2] in forza alla data di entrata in vigore del presente decreto finalizzato al mantenimento dei livelli occupazionali nella fase di ripresa delle attività dopo l'emergenza epidemiologica.
Ai lavoratori impiegati a orario ridotto viene riconosciuto un trattamento speciale di integrazione salariale, in misura pari al 70% della retribuzione globale che sarebbe loro spettata per le ore di lavoro non prestate, senza l'applicazione dei limiti di importo previsti dal decreto legislativo 4 settembre 2015, n. 148, e la relativa contribuzione figurativa. Per i trattamenti concessi ai sensi del presente comma non è dovuto dal datore di lavoro alcun contributo addizionale.
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I datori di lavoro che a decorrere dalla data del 1 luglio 2021 sospendono o riducono l'attività lavorativa e presentano domanda di integrazione salariale (CIGO)[3] sono esonerati dal pagamento del contributo addizionale previsto dal decreto legislativo 4 settembre 2015, n. 148 fino al 31 dicembre 2021[4].
Ai datori di lavoro che presentano domanda di integrazione salariale resta precluso
  • l’avvio di procedure di licenziamento collettivo;
  • recedere per giustificato motivo oggettivo
per la durata del trattamento di integrazione salariale fruito entro il 31 dicembre 2021.
 
Le predette sospensioni e le preclusioni non si applicano nelle seguenti ipotesi:
  • cessazione definitiva dell'attività dell'impresa;
  • cessazione definitiva dell’attività di impresa, conseguente alla messa in liquidazione della società senza continuazione, anche parziale dell’attività, sempre che in ciò non sia configurabile “un trasferimento d’azienda o di ramo di essa ai sensi dell’articolo 2112 del Codice civile”;
  • fallimento, quando non sia previsto l’esercizio provvisorio dell’impresa, ovvero ne sia disposta la cessazione. Nel caso in cui l’esercizio provvisorio sia disposto per uno specifico ramo di azienda, sono esclusi dal divieto i licenziamenti riguardanti i settori non compresi nello stesso;
  • accordo collettivo aziendale, stipulato dalle organizzazioni sindacali comparativamente più rappresentative a livello nazionale (quindi non anche solo le rispettive RSA/RSU), di incentivo alla risoluzione del rapporto di lavoro, limitatamente ai lavoratori che aderiscono al predetto accordo, facendo salvo il diritto di questi ultimi all’indennità di disoccupazione (Naspi).
Contratto di rioccupazione (art. 41)
È istituito il contratto di rioccupazione quale contratto di lavoro subordinato a tempo indeterminato diretto a incentivare l'inserimento nel mercato del lavoro dei lavoratori in stato di disoccupazione alle seguenti condizioni:
  • il lavoratore deve essere in stato di disoccupazione;
  • il lavoratore deve acconsentire alla definizione di un progetto individuale di inserimento, finalizzato a garantire l'adeguamento delle competenze professionali del lavoratore stesso al nuovo contesto lavorativo. Il progetto individuale di inserimento ha una durata di sei mesi[5].
Al termine del periodo di inserimento le parti possono recedere dal contratto, ai sensi dell'articolo 2118 del codice civile, con preavviso decorrente dal medesimo termine. Durante il periodo di preavviso continua a trovare applicazione la disciplina del contratto di rioccupazione. Se nessuna delle parti recede il rapporto prosegue come ordinario rapporto di lavoro subordinato a tempo indeterminato.
 
Il contratto di rioccupazione è istituito dal 1° luglio 2021 e fino al 31 ottobre 2021.
 
A fronte della sottoscrizione del contratto di rioccupazione viene riconosciuto, per un periodo massimo di sei mesi, l'esonero dal versamento del 100 % dei complessivi contributi previdenziali a carico dei datori di lavoro, con esclusione dei premi e contributi dovuti all'Istituto nazionale per l'assicurazione contro gli infortuni sul lavoro (INAIL) nel limite massimo di importo pari a 6.000 euro su base annua, riparametrato e applicato su base mensile a condizione che:
  • il datore di lavoro, nei sei mesi precedenti l'assunzione, non abbia proceduto a licenziamenti individuali per giustificato motivo oggettivo o a licenziamenti collettivi nella medesima unità produttiva;
  • l'assunzione non costituisca attuazione di un obbligo preesistente, stabilito da norme di legge o della contrattazione collettiva, anche nel caso in cui il lavoratore avente diritto all'assunzione viene utilizzato mediante contratto di somministrazione;
  • l'assunzione non violi il diritto di precedenza, stabilito dalla legge o dal contratto collettivo, alla riassunzione di un altro lavoratore licenziato da un rapporto a tempo indeterminato o cessato da un rapporto a termine;
  • il datore di lavoro o l'utilizzatore con contratto di somministrazione non abbia in atto sospensioni dal lavoro connesse ad una crisi o riorganizzazione aziendale, salvi i casi in cui l'assunzione, la trasformazione o la somministrazione siano finalizzate all'assunzione di lavoratori inquadrati ad un livello diverso da quello posseduto dai lavoratori sospesi o da impiegare in diverse unità produttive;
  • il lavoratore assunto non sia stato licenziato nei sei mesi precedenti da parte di un datore di lavoro che, al momento del licenziamento, presenti assetti proprietari sostanzialmente coincidenti con quelli del datore di lavoro che assume o utilizza in somministrazione, ovvero risulti con quest'ultimo in rapporto di collegamento o controllo.
 
Il licenziamento intimato durante o al termine del periodo di inserimento, o il licenziamento collettivo o individuale per giustificato motivo oggettivo di un lavoratore impiegato nella medesima unità produttiva e inquadrato con lo stesso livello e categoria legale di inquadramento del lavoratore assunto con il predetto esonero contributivo, effettuato nei sei mesi successivi alla predetta assunzione, comporta la revoca dell'esonero e il recupero del beneficio già fruito. Ai fini del computo del periodo residuo utile alla fruizione dell'esonero, la predetta revoca non ha effetti nei confronti degli altri datori di lavoro privati che assumono il lavoratore con contratto di rioccupazione. In caso di dimissioni del lavoratore il beneficio viene riconosciuto per il periodo di effettiva durata del rapporto.
 
Decontribuzione settori del turismo e degli stabilimenti termali e del commercio (art. 43)
Ai datori di lavoro privati dei settori del turismo e degli stabilimenti termali e del commercio a decorrere dalla data di entrata in vigore del presente decreto è riconosciuto, l'esonero dal versamento dei contributi previdenziali a loro carico, fruibile entro il 31 dicembre 2021, nel limite del doppio delle ore di integrazione salariale già fruite nei mesi di gennaio, febbraio e marzo 2021, con esclusione dei premi e dei contributi dovuti
all'INAIL. L'esonero è riparametrato e applicato su base mensile.
 
Ai datori di lavoro che abbiano beneficiato del predetto esonero si applica, fino al 31 dicembre 2021, il blocco dei licenziamenti per giustificato motivo oggettivo, individuali o collettivi.  Il mancato rispetto del predetto blocco comporta la revoca e l'impossibilità di presentare domanda di integrazione salariale ai sensi dell'articolo 8, commi 1 e 2, del decreto-legge 22 marzo 2021, n. 41 (si veda circolare Convertito in legge il c.d. Decreto Sostegni – misure in materia di lavoro pubblicata in data 24 maggio 2021).

Dal predetto divieto sono esclusi espressamente i licenziamenti motivati da:
  • “cambio appalto”, ovvero quando “il personale interessato dal recesso, già impiegato nell’appalto, sia riassunto a seguito di subentro del nuovo appaltatore in forza di legge, di contratto collettivo nazionale di lavoro, o di clausola del contratto di appalto”;
  • cessazione definitiva dell’attività di impresa, conseguente alla messa in liquidazione della società senza continuazione, anche parziale dell’attività, sempre che in ciò non sia configurabile “un trasferimento d’azienda o di ramo di essa ai sensi dell’articolo 2112 del Codice civile”;
  • fallimento, quando non sia previsto l’esercizio provvisorio dell’impresa, ovvero ne sia disposta la cessazione. Nel caso in cui l’esercizio provvisorio sia disposto per uno specifico ramo di azienda, sono esclusi dal divieto i licenziamenti riguardanti i settori non compresi nello stesso;
  • accordo collettivo aziendale, stipulato dalle organizzazioni sindacali comparativamente più rappresentative a livello nazionale (quindi non anche solo le rispettive RSA/RSU), di incentivo alla risoluzione del rapporto di lavoro, limitatamente ai lavoratori che aderiscono al predetto accordo, facendo salvo il diritto di questi ultimi all’indennità di disoccupazione (Naspi).
 
Per maggiori chiarimenti si trasmette il decreto legge in commento.
 
 
 

[1] Il contratto di espansione deve essere stipulato:
  • nell'ambito dei processi di reindustrializzazione e riorganizzazione delle imprese   che comportano, in tutto o in parte, una strutturale modifica dei   processi   aziendali finalizzati al progresso e allo sviluppo tecnologico dell'attività, nonchè la conseguente esigenza di   modificare   le   competenze professionali in organico mediante un loro più razionale impiego e, in ogni caso, prevedendo l'assunzione di nuove professionalità;
  • dopo una consultazione sindacale, finalizzata a stipulare in sede governativa un contratto di espansione con il Ministero del lavoro e delle politiche sociali e con le associazioni sindacali comparativamente più rappresentative sul piano nazionale o con le loro rappresentanze sindacali aziendali ovvero con la rappresentanza sindacale unitaria.
    Il contratto deve contenere:
  • il numero dei lavoratori da assumere e l'indicazione dei relativi profili professionali compatibili con i piani di reindustrializzazione o riorganizzazione;
  • la programmazione temporale delle assunzioni;
  • l'indicazione della durata a tempo indeterminato dei contratti di lavoro, compreso il contratto di apprendistato professionalizzante;
  • relativamente alle professionalità in organico, la riduzione complessiva media dell'orario di lavoro e il numero dei lavoratori interessati, nonchè il numero dei lavoratori che possono accedere al seguente trattamento:
    • un'indennità mensile, ove spettante comprensiva dell'indennità NASpI, commisurata al trattamento pensionistico lordo maturato dal lavoratore al momento della cessazione del  rapporto  di lavoro, così come determinato dall'INPS, dalla cessazione del rapporto fino al primo diritto a pensione, per quei lavoratori che si trovino  a  non  più  di  60  mesi  dal conseguimento del diritto alla pensione  di  vecchiaia,  che  abbiano maturato il  requisito  minimo  contributivo,  o  anticipata  purchè ciò avvenga nell'ambito di accordi di non opposizione e previo esplicito consenso in forma scritta dei lavoratori  interessati.
[2] La riduzione media oraria non può essere superiore all'80% dell'orario giornaliero, settimanale o mensile dei lavoratori interessati dall'accordo collettivo. Per ciascun lavoratore, la percentuale di riduzione complessiva dell'orario di lavoro non può essere superiore al 90 % nell'arco dell'intero periodo per il quale l'accordo collettivo è stipulato. Il trattamento retributivo perso va determinato inizialmente non tenendo conto degli aumenti retributivi previsti da contratti collettivi aziendali nel periodo di sei mesi antecedente la stipula dell'accordo collettivo. Il trattamento di integrazione salariale è ridotto in corrispondenza di eventuali successivi aumenti retributivi intervenuti in sede di contrattazione aziendale. L’accordo deve altresì specificare le modalità attraverso le quali l'impresa, per soddisfare temporanee esigenze di maggior lavoro, può modificare in aumento, nei limiti del normale orario di lavoro, l'orario ridotto. Il maggior lavoro prestato comporta una corrispondente riduzione del trattamento di integrazione salariale.
[3] La predetta disposizione non si applica ai datori di lavoro che accedono al FIS o alla CIGD per i quali continua a trovare applicazione la normativa contenuta al c.d. Decreto Sostegni (si veda circolare Convertito in legge il c.d. Decreto Sostegni – misure in materia di lavoro pubblicata in data 24 maggio 2021).
[4] Non trattandosi più di Cassa Integrazione Guadagni Ordinaria con causale Covid-19, le norme applicabili saranno quelle previste dal decreto legislativo 4 settembre 2015, n. 148.
[5] Durante il periodo di inserimento trovano applicazione le sanzioni previste dalla normativa vigente per il licenziamento illegittimo.
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